Racconti dal mondo precario

sabato 26 marzo 2016

La donna e il sacro. Dee, maghe sacerdotesse e sante

Grazie alla Fondazione Ignazio Buttitta di Palermo, è stato pubblicato il volume La donna e il sacro. Dee, maghe sacerdotesse e sante. Si tratta di una raccolta di atti dell'omonimo convegno svolto presso la Società di Storia Patria di Palermo nel novembre 2009. In quella occasione autori provenienti da diversi ambiti disciplinari hanno ragionato ed esposto le loro ricerche sul rapporto che lega la figura femminile alla dimensione del Sacro presso molteplici culture, sia antiche sia contemporanee. Il testo dell'introduzione del volume è scaricabile in versione pdf

venerdì 1 gennaio 2016

I confini della vita, i confini del lavoro. Marginalizzazione e pervasività in un contesto operaio siciliano

Una delle principali caratteristiche del capitalismo storico consiste nella capacità di costruire una struttura temporale tale per cui le comunità coinvolte all'interno dei suoi processi vivono secondo ritmi, tempi e obiettivi diversi rispetto al contesto di appartenenza. Questa caratteristica deriva dalla grande pervasività e profondità dei processi economici contemporanei. Attraverso la vicenda di un gruppo di lavoratori siciliani, dimostro come la marginalizzazione e la pervasività dei processi economici siano alla base dell'esistenza e delle perpetrazione dell'intero capitalismo storico. Leggi l'articolo qui

sabato 2 maggio 2015

Il fantoccio smembrato. Crisi della presenza e affermazione del sé nell’era post-industriale

I riti carnevaleschi hanno suscitato le riflessioni di diversi antropologi e fatto sorgere una vasta letteratura specifica che ha fornito linee interpretative eterogenee [1], che possono essere ricondotte ad almeno tre fondamentali letture dei rituali carnevaleschi. Secondo la prima di queste interpretazioni,  le azioni compiute in determinati periodi dell’anno e in cui è prevista la presenza di maschere e travestimenti di vario genere tendono a modificare o sovvertire momentaneamente l’ordine sociale al fine di riaffermare quello stesso ordine. La seconda interpretazione, che riguarda principalmente le comunità che basano la loro sussistenza su un regime economico agro-pastorale e quindi strettamente legato ai cicli stagionali, identifica nei rituali carnevaleschi un momento di passaggio in cui la natura, con la fine dell’inverno, si appresta a rigenerarsi per ricominciare a donare i suoi frutti agli uomini. La terza interpretazione tende ad analizzare i rituali carnevaleschi come un momento di catarsi collettiva, soprattutto quando all’interno degli iter rituali sono previste le accensioni di falò o, ancora più significativamente, la presenza di fantocci antropomorfi smembrati e/o dati alle fiamme [2]. (continua a leggere)

martedì 21 aprile 2015

Preghiera di un Europeo

Io non abdico poiché ho piena colpa.
Io non chiedo scusa poiché so.
Io non guardo oltre l'orizzonte poiché non conosco.
Io non prego santi o vergini poiché il paradiso è sotto il mare.
Io non invoco dio poiché mia è la decisione.

Nella notte ho paura, ma mio è il potere abbacinante 
di decidere la luce.
Nella fame non mi muovo, ma mio è il granaio più ambito.
Nella guerra non mi trovo, ma mia è la pistola fumante.
L'agnello è morto. L'olocausto è consumato.

E condanno te e condanno me. 

sabato 1 novembre 2014

Lo "sbirro del capo". Riflessioni preliminari su un nuovo compo di ricerca

Sono arrivato nel magazzino siciliano in una calda mattina di luglio. Attorno al capannone di circa 5000 m2 soltanto campagna brulla, sterpi e qualche pecora arginata da recinti acconciati con vecchie reti di letti e qualche metro di filo spinato. Tutto somigliava ben poco a quello che si potrebbe definire un polo industriale sviluppato. Il mio compito qui era quello di supportare e integrare la manodopera locale, quest’ultima composta da quindici operai, nel trasferimento del magazzino di componenti elettrici dalla zona di Capaci (Pa) a quella di Catania. Continua a leggere

giovedì 1 maggio 2014

Identità operaia nell’evoluzione della fabbrica Fiat di Termini Imerese

La questione della nozione di persona, nell’ambito degli studi socio-antropologici, ha da molto tempo occupato un posto centrale nella riflessione di molti studiosi. Uno dei primi autori a occuparsi del tema fu Marcel Mauss nel saggio del 1938 Une catégorie de l’esprit humaine: la notion de persone celle de «moi» in cui per la prima volta, attraverso la comparazione del concetto di persona in diversi contesti storici ed etnologici, il sociologo francese oggettivava la distinzione, fra individuo e persona. [continua a leggere]

venerdì 25 aprile 2014

La retorica della crisi, l'emergenza e la nuda vita

Studiosi quali Hannah Arendt e Michel Foucault hanno dimostrato, secondo linee interpretative diverse ma convergenti, che il fondamento dei movimenti totalitari e capitalistici sia quello di esercitare un pervasivo governo delle vite degli individui e delle comunità attraverso le scelte politiche e, sopratutto, le imposizioni economiche. In questo senso, la nozione di biopolitica di Foucault è funzionale a identificare e circoscrivere quello stretto legame fra individui, politica e liberismo. Tale nozione è ripresa in un importante saggio di Giorgio Agamben Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita. Centrale nella trattazione di Agamben è, oltre il riferimento costante alla biopolitica foucaultiana, la nozione di sacerità, ripresa dal diritto romano. Per il filosofo italiano, l'homo sacer «è colui che è stato escluso dal mondo degli uomini e che, pur non potendo essere sacrificato, è lecito uccidere senza commettere omicidio»1. L'homo sacer, nel sistema filosofico agambiano, rappresenta colui che è identificato come stato di eccezione all'interno di una comunità e che è necessario alla sovranità per fondare ed esercitare il suo potere. L'homo sacer è colui che, essendo ai limiti della società e rappresentando egli stesso l'emergenza, è pervaso dalla nuda vita: una esistenza su cui la sovranità può tutto. L'esempio principale riportato da Agamben nel suo saggio è quello degli ebrei, durante il Terzo Reich, su cui la sovranità hitleriana si esercitò attraverso il potere di definire gli ebrei come il nemico pubblico per eccellenza, l'emergenza del momento da debellare e su cui il diritto di vita o morte si esercitò non direttamente da Hitler, ma bensì da tutti coloro che facevano a pieno diritto parte della razza ariana.
Quello degli ebrei, però, rappresenta un caso limite ed eclatante. Gli effetti della biopolitica e degli eterni stati di eccezione ed emergenza sono molto meno visibili e tuttavia altrettanto violenti.
Negli ultimi anni, infatti, tutti noi abbiamo assistito ad un vero e proprio bombardamento retorico sulla crisi economica in atto e sulle misure di emergenza che continuamente i vari Stati, soprattutto europei, hanno dovuto varare. Fra le varie misure da adottare per fare fronte all'emergenza economica, vi è stata, oltre l'aumento inaudito della pressione fiscale, una continua insistenza sulla necessità di flessibilizzare il lavoro, di rinunciare a qualche diritto e a un po' di retribuzione per mantenere un impiego. In questo senso, la Riforma Fornero e il Jobs Act proposto da Matteo Renzi sono soltanto gli ultimi esiti di una retorica violenta e pressante che sta tentando, e forse ci è già riuscita, di fare diventare quelle misure di emergenza una pratica che rientra nella normalità. In questo contesto, la sacerità di cui parla Agamben si applica perfettamente a quella comunità di persone fra i 18 e i 39 anni, appartenenti alle classi medio-basse, che possono essere sacrificate in nome di un rilancio economico che, forse si potrebbe cominciare a sospettare, non dipende dalla flessibilità del mercato del lavoro, ma dalla mancanza di una politica industriale e professionale in questo Paese.
Sul giornale il Manifesto del 10 aprile 2014 Giorgio Airaudo apre il suo articolo elencando una serie di vertenze iniziate in questi giorni: quella della Agrati di Torino, della Micron e della Neslte di Perugia. Tutte aziende a rischio chiusura e con una minaccia continua di delocalizzazione non in Cina, Malesia o chissà in quale Paese dalle condizione lavorative schiaviste, ma in Francia o Germania. Inoltre, in almeno due dei tre casi a cui qui si fa riferimento, si tratta di aziende con bilanci in attivo, floride e non attraversate da una crisi delle commesse. Questi casi e molti altri, come sostiene Airaudo, ci dicono che il problema non è la crisi economica in Italia, ma le condizioni in cui le aziende lavorano e, soprattutto, la solitudine dei lavoratori italiani ad affrontare quelle crisi.
Un Paese piegato alle logiche neo-liberiste europee e mondiali, che opera in una condizione di perenne emergenza facendo passare ogni singola negazione di diritto come un atto dovuto da chissà quale entità trascendente è un Paese che ha ceduto la sua sovranità a banche e imprese, le quali non sono degli enti nati per il bene comune, ma per la tutela e l'arricchimento di pochi. Il bene comune, in un mondo ideale, dovrebbe essere tutelato dai Governi e, soprattutto, dal governo attuale che si pretende per i giovani e di sinistra.
In questo quadro, ciò che è successo il 12 aprile 2014 a Roma: le manifestazione dei precari, dei senza casa e degli attivisti a vario titolo; gli scontri con la polizia; la rabbia furibonda e ceca non sono altro che l'estremo tentativo da parte di questa generazione di ragazzi, cresciuta sotto l'egida costante di mille emergenze quotidiane (casa, lavoro, grandi opere ecc.), di non essere definitivamente trattata come nuda vita su cui tutto è possibile. Una generazione il cui timore è quello di essere definita sacra dalla retorica politica contemporanea così da potere essere sacrificata senza che nessuno sia un assassino.

1Agamben G., 1990, La comunità che viene, Bollati Boringhieri, Torino, p.59.