Racconti dal mondo precario

sabato 31 agosto 2013

Il Presidente Crocetta e la mitopoiesi del dopo-Fiat siciliano

Il primo dicembre 2011 le organizzazioni sociali, il gruppo Fiat e DR motor, alla presenza dell’allora ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera e del ministro del Lavoro Elsa Fornero, hanno firmato un accordo in cui si prevedeva: la cassa integrazione ordinaria per i 1312 dipendenti dello stabilimento Fiat di Termini Imerese; la mobilità per 640 operai che avevano i requisiti necessari per essere “accompagnati” alla pensione e l’insediamento sul sito industriale siciliano dell’azienda Dr Motor rappresentata da Massimo Di Risio che, nel corso del 2012 avrebbe dovuto rilevare lo stabilimento termitano e far partire gli investimenti per il rilancio della fabbrica e per il reimpiego degli ex-operai Fiat. Tuttavia, nei primi mesi del 2012, a parte la cassa integrazione ordinaria, nulla era ancora stato messo in opera. Per quanto riguarda i 640 operai che sarebbero dovuti andare in pensione, questi con la nuova legge sulle pensioni vennero trasformati in esodati, un nuovo termine coniato dal ministro Fornero per indicare, in estrema sintesi, tutti coloro che hanno perso il lavoro e che non hanno i requisiti minimi per andare in pensione[1]. Inoltre, sin dai primi mesi dall’accordo è chiaro a tutti che Massimo Di Risio, in un primo momento individuato dall’agenzia governativa Invitalia come sostituto investitore affidabile, non ha la disponibilità economica per fare fronte al rilevamento del sito industriale.
È nell’aprile del 2012 che i sindacati locali cominciano a mobilitarsi per fare in modo che l’accordo firmato sia rispettato. Il 30 aprile, in particolare, le associazioni sindacali organizzano uno sciopero generale che diventa la prima occasione pubblica per spiegare ai lavoratori e ai cittadini qual è la situazione reale della vertenza Fiat. Il primo maggio si dà vita a una manifestazione in cui viene rinominato il viale antistante allo stabilimento automobilistico locale[2]. Infine, per tutto il mese di maggio si susseguono manifestazioni volte a sensibilizzare l’opinione pubblica, la classe politica e tutti gli organi ed enti competenti.
Tuttavia, il momento politico non è dei migliori. Al governo nazionale, infatti, è insediato il governo dei tecnici, impegnati principalmente a tagliare la spesa pubblica e ad aumentare la pressione fiscale; al governo nazionale Raffaele Lombardo è costretto ad affrontare una situazione economica regionale disastrosa, le indagini da parte dei magistrati e, come se non bastasse, un mandato in scadenza e difficilmente rinnovabile da parte dell’elettorato. In altre parole, si verifica una vacanza d’interlocutori politici che fa perdere rilevanza nazionale e, cosa più importante, tempo a tutti coloro che si occupano della vertenza Fiat.
Finalmente, però, a ottobre vi sono le elezioni regionali e in scena fa la sua comparsa Rosario Crocetta e il suo modello Sicilia, la sua rivoluzione. Il neo-Presidente siciliano, già negli ultimi mesi del 2012, convoca dei tavoli tecnici per illustrare le sue intenzioni nei confronti dello stabilimento Fiat in dismissione e dei lavoratori che vedono sempre più vicino il pericolo del licenziamento.
Vi è un’imprecisione, a questo punto, da chiarire: è vero che Crocetta convoca i tavoli, tuttavia quasi mai è presente alle riunioni per “improrogabili impegni istituzionali”. Ad ogni modo sembra che il Governo regionale, nei primi mesi del 2013, abbia preso in seria considerazione la vertenza Fiat di Termini Imerese. Si pensa, infatti, a bandi pubblici per sondare il modo imprenditoriale al livello internazionale, si pensa a un possibile investitore cinese e, a questo punto, si fa un passo falso che indica la difficoltà del governo regionale a dare una svolta decisiva alla questione: si comincia a parlare nuovamente di affidare il rilancio industriale della fabbrica automobilistica a Di Risio e alla sua DR motor, che, lo ripeto, era stata dichiarata economicamente inaffidabile anche dalle banche che avrebbero dovuto prestare il denaro necessario agli investimenti in Sicilia.
A questo punto i sindacati e i lavoratori, esasperati e sempre più ansiosi di vedere una certezza nel loro prossimo futuro, scendono nuovamente in piazza. È il 5 aprile quando è organizzato un corteo improvvisato che attraversa il centro di Palermo e termina in Piazza Indipendenza, dove ha sede il palazzo della Presidenza della Regione. L’obiettivo è incontrare il Presidente Crocetta. La mattina trascorre a urlare slogan contro il governo regionale e la Fiat, e un lanciare uova contro il palazzo della Presidenza, ma si conclude con un momentaneo nulla di fatto. Momentaneo perché quello stesso pomeriggio i delegati dei principali sindacati locali ricevono una comunicazione da parte dell’ufficio di Presidenza con cui si fissa una riunione per le 15,00 di lunedì 8 aprile.
Dopo una lunga attesa, arriva il giorno della riunione, i rappresentati sindacali entrano nel palazzo della Presidenza e iniziano l’incontro con Rosario Crocetta. È in quest’occasione che il Presidente siciliano annuncia che la Regione è in contatto con tre grosse aziende che hanno l’intenzione di investire a Termini Imerese. È con le seguenti parole che il Presidente annuncia la notizia e tenta di delucidare la situazione:

Però in atto, noi qualcosa l’abbiamo fatta. Non all’interno, preciso subito, non all’interno dello stabilimento Fiat, ma all’interno dell’area di Termini Imerese che, in termini di occupazione, equivarrebbe ai due terzi dei lavoratori attualmente occupati nell’area di Termini Imerese. Si tratterebbe di un impianto di biocarburanti, che verrebbe prodotto non con prodotti alimentari, quindi non… non renderebbe, diciamo… non depaupererebbe la natura, ma i materiali di scarso rilievo dal punto di vista agricolo, come potrebbero essere le canne, le cose, fra l’altro noi lì… che occuperebbe circa 300 persone, più un indotto, che è di tipo agricolo che ovviamente non interesserebbe i lavoratori Fiat e che io avrei… I lavoratori di tipo industriale, perché non voglio usare, come dire… Che potrebbe interessare anche molto il settore della forestazione. Noi abbiamo pensato di agevolare l’insediamento dell’impresa: abbiamo assicurato una rapida, diciamo, approvazione della pratica una… e anche il fatto che noi avremmo identificato, come Regione, una serie di arie nostre, non coltivate, che potrebbero essere destinate a questo attraverso l’impiego dei lavoratori forestali, per cui l’impatto che noi potremmo avere potrebbe essere più comprensivo, in termini occupazionali regionali. Da un lato avremmo la prospettiva dei lavoratori dell’industria, dall’altro l’amu a finiri cu sta storia che i forestali un travagghianu, che non sono produttivi etc. etc. Un altro impianto, nel campo della produzione energetica, sempre con base biologica, quindi a inquinamento zero, cioè interverremmo in questa area con impianti di totale rispetto ambientale e, quindi in qualche modo, che non farebbero a pugni con la vocazione turistica che ha quel territorio, di rispetto anche della natura e che utilizzerebbe sostanze, biomasse di tipo non alimentare, che potremmo applicare con la stessa formula. E quindi mi sembra una sessione di lavoro veramente notevole e intelligente, che metterebbe in campo due cose: non ci sarebbe l’indotto casuale, ma un indotto programmato in cui finalmente optiamo e troviamo anche i soldi per pagare questi lavoratori che vengono dalla de-forestazione probabilmente daremmo un lavoro stabile anche a loro. L’altra impresa era un’impresa nell’ambito dei motori a gas. In pratica loro vorrebbero dei ticket pre-elaborati, pronti per essere istallati soprattutto per grandi motori, motori ... camion, trattori, ma anche automobili etc. etc. che verrebbero prodotti come ticket che, volendo, si possono anche istallare nel territorio, ma capite bene, siccome uno degli obiettivi sarà quello della esportazione, alcuni di questi ticket verrebbero ovviamente esportati e poi installati in officine collegate in altre regioni. Loro si propongono, con questa cosa, il mercato del Sud Italia. Queste, per il momento, sarebbero le tre proposte produttive che ci arrivano e che occuperebbero circa 750 persone. Quindi noi ci troveremmo già attualmente a una occupazione stimata fra le 650 e 700 persone che potrebbero, alcuni progetti, potrebbero partire entro la fine di maggio. E che, in ogni caso, anche se non risolvessero… sono tutti fuori dallo stabilimento Fiat e che non abbiamo accettato, fino ad oggi, in altre aree.

      Il governo regionale, quindi, nella persona del suo Presidente, annuncia che per Termini Imerese avrebbe prospettato l’ingresso di tre diverse aziende: due dovrebbero produrre biocarburanti ecologici e una terza un non meglio specificato ticket per motori a gas. Nel passo appena citato, Crocetta utilizza un linguaggio etereo, indefinito, sfuggente ma, allo stesso tempo, avveniristico, immaginifico. L’estrema indeterminatezza di espressioni come: materiali di scarso rilievo dal punto di vista agricolo, come potrebbero essere le canne, le cose; oppure utilizzerebbe sostanze, biomasse di tipo non alimentare; o, infine, In pratica loro vorrebbero dei ticket pre-elaborati, pronti per essere istallati soprattutto per grandi motori, motori ... camion, trattori, ma anche automobili etc. etc. è bilanciata da termini avveniristici, dal sapore deduttivamente ipertecnologici, ma contemporaneamente legati al passato agricolo quali biomasse, biocarburanti, energia pulita. È un progetto, in altre parole, che richiama, al livello simbolico, quelli che, per usare le parole di Roland Bathes, sono i nuovi miti d’oggi (l’energia pulita, le tecnologie avanzante, il recupero e lo sfruttamento sostenibile dell’ambiente).
La vertenza Fiat e dei suoi lavoratori, però, nell’annuncio del Presidente è trattata solo di sfuggita. L’azienda del gruppo torinese, nel programma delle possibili soluzioni trovate dalla Regione Siciliana, non viene nemmeno menzionata; i lavoratori che dovrebbero, in un futuro tutt’altro che certo e definito, trovare impiego si aggirerebbero intorno a 650-700 (la metà circa degli operai, che alla data attuale ammontano a 1312) e, in ogni caso, le soluzioni prospettate non riguardato i dipendenti Fiat in cassa integrazione.
      L’annuncio che, nell’intento del Presidente e del governo regionale, doveva presumibilmente tranquillizzare i lavoratori e le organizzazioni sindacali, ha l’esatto effetto contrario perché troppo indeterminato e incerto: chi sono queste aziende? Da dove vengono? Che tipo di biocarburanti vogliono produrre e con quali risorse ambientali? Cosa c’entrano i lavoratori forestali? E i lavoratori della Fiat e dell’indotto cosa faranno? Quali sono i tempi di attuazione di un simile progetto? Tutte domande queste che, è bene dirlo, sono rimbombate a forza, masticate sotto banco, sussurrate fra le persone sedute fianco a fianco e urlate contro il Presidente siciliano e il suo entourage durante i lunghi cento minuti in cui è durata la riunione. Domande, altresì, a cui non è stata trovata una risposta che delineasse una parvenza di certezza nel futuro.
Ma non è soltanto l’indeterminatezza del progetto presentato ad avere acceso gli animi. Certo, è possibile sostenere che quello presentato da Rosario Crocetta sembra uno dei tanti progetti politici “paracadutati dall’alto”, senza nessun tipo d’interlocuzione con chi dovrebbe abitare accanto a quelle fabbriche, seppure presumibilmente ecologiche. Ma non basta ancora. Il fatto è che il Presidente Crocetta ha commesso anche l’errore di sottovalutare il valore simbolico dello spazio occupato dallo stabilimento Fiat. Nel caso di Crocetta lo stabilimento, la zona industriale e i lavoratori di Fiat e dell’indotto vengono completamente cancellati negando a tutti la possibilità di rimodulare e rifunzionalizzare lo spazio che per quarantuno anni è stato il centro e la fonte di vita e benessere per migliaia di persone del luogo.





[1] Il decreto salva-esodati in cui ci si occupa anche dei lavoratori della fabbrica siciliana è stato approvato, da parte del governo Monti, soltanto nel dicembre 2012, quindi a distanza di un anno dalla firma dell’accordo menzionato precedentemente. È inutile aggiungere, credo, che in quei mesi molte sono state le preoccupazioni e le critiche da parte dei lavoratori “esodati”.

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