Il
Bolscevico arriva sulla sua Panda bordeaux vecchio modello. Non l'ho
mai visto prima. L'ho solo sentito per telefono, ma quando scende
dall'auto capisco che è l'uomo che sto aspettando. Cappello in pile
nero da cui spuntano ciocche di capelli anch'essi neri con dei
riflessi argentei, giubbotto sportivo nero, pantaloni da tuta e
scarpe da corsa. Ha un fisico asciutto, il Bolscevico, un viso in
cui i cinquant'anni di questo operaio hanno lasciato un solco:
attorno agli occhi, sulla fronte, fra il contorno della bocca e le
guance è un continuo spalancarsi di valli, di righe, di solchi e per
ognuna di queste rughe sarebbe possibile scrivere una storia. La
barba nera e incolta su cui spunta qualche pelo bianco mi ricorda
vagamente Er Monnezza, il famoso personaggio di film polizieschi
degli anni Settanta interpretato da Tomas Milian. Mi viene dritto
incontro, mi stringe la mano e mi chiede di seguirlo.
Arriviamo
nella locale sede di un noto sindacato, ci sistemiamo nella sala
delle riunioni e il Bolscevico inizia a raccontarmi la sua storia.
Quarantanove
anni di cui gli ultimi trentaquattro passati a lavorare in varie
realtà della zona. Il primo lavoro che ha svolto fu quello di
operaio in una fabbrica di ceramica che da un giorno all'altro i
lavoratori trovarono chiusa: i proprietari avevano delocalizzato
l'azienda e smontato tutti i macchinari nel giro di un fine settimana
all'insaputa dei lavoratori. È durante questa occasione che il
Bolscevico entrò in contatto con il sindacato. Poi è stato
muratore, imbianchino e, infine, alla fine degli anni Ottanta,
operaio nel locale stabilimento Fiat. Nel frattempo, ha affiancato
alla sua attività sindacale anche l'impegno politico nei partiti
della sinistra. In fabbrica ha lavorato per circa venticinque anni in
vari reparti della linea di montaggio e, a causa del suo impegno
politico-sindacale e della “pericolosità” della sua attività di
rappresentante dei lavoratori, è stato sempre spostato da un reparto
all'altro per evitare che riuscisse a creare uno zoccolo duro di
contestazione nei confronti dell'azienda. Come lui stesso racconta:
«In
questi anni mi sono alternato nel... i primi anni ero alla parte
meccanica e c'era un reparto che si chiamava la giostra. C'erano due
linee praticamente: una che camminava sotto, con i motori, noi
l'alzavamo dalla scocca che veniva sopra. Eravamo chiamati i minatori
del... perché era un posto schifosissimo dove tu assemblavi motori,
tutta la parte sotto-scocca della macchina. Poi negli anni ho
cambiato vari reparti, sono stato in verniciatura sempre in catena di
montaggio, poi in lastratura in catena di montaggio, poi sono tornato
di nuovo al montaggio mi sono alternato sempre anche... » «Sempre
sulla linea?» «Sì, perché io ero anche un soggetto scomodo per
l'azienda per il fatto che ho sempre militato in politica, nel
sindacato e quindi rompevo un po' i coglioni e quindi mi
emarginavano, mi cambiavano spesso di squadra».
Il
Bolscevico, però, prima di essere un militante politico, un
attivista sindacale e un operaio della Fiat, almeno fino al prossimo
31 dicembre, è anche un uomo pieno di ricordi legati al passato e al
luogo in cui sorge lo stabilimento. «Io nasvivi nto '63, me patri o
'70 trasiu a Fiat e noi abbiamo avuto, come si dice, un innalzamento
sociale... me patri di ncampagna vineva, nuatri pani e cipudda
maciavamu va. Me patri trasiu a Fiat e allora gli stipendi si
aggiravano intorno alle 100.000 lire al mese; un impiegato in banca
nni pigghiava 80. Me patri s'accattò televisioni, lavabiancheria,
frigorifero. A televisioni, nno quartieri, l'aviamu sulu nuatri e i
cristiani si virevanu a televisioni e i partiti dintra a me casa, ca
pariamu a o stadiu... Per farti capire che, la gente come me, che ha
avuto questo innalzamento sociale grazie alla Fiat, picchì a Fiat ti
ha consentito di fariti na casa, me patri s'accattò l'850 che
allora, l'850 era... chi t'ha diri, un Mercedes di ora... si caminava
ca Topolina, ca 600, insomma era un machinuni. Perciò hai avuto
questo innalzamento sociale grazie alla Fiat... Minchia, regali ai
picciriddi, pi Natali, circhi, cinema... cose alla grande, perciò la
mia generazione, che è cresciuta con questa fase, gli anni '70, gli
anni '80, unni a Fiat ca a Termini era tutto. Minchia, guai ai
cristiani ca ci tuccavi... parravi mali da Fiat? Minchia, c'avi a
fari... na santa inquisizione, nna cruci e t'abbruciavano: o rogo ti
mittevano»1.
Rendere
l'idea di un luogo di lavoro scevro da problemi, conflitti,
ingiustizie e lotte è fuorviante e la romanticizzazione di un lavoro
come quello di fabbrica non è per nulla la mia intenzione, ma credo
che se si voglia capire la questione della vertenza Fiat di Termini
Imerese, come di qualsiasi altra vertenza, è necessario cercare di
inquadrare la questione tenendo conto delle varie posizioni e istanze
dei soggetti che sono coinvolti nella stessa vertenza.
Il
Bolscevico, così come molti altri lavoratori dello stabilimento, ha
conosciuto senza ombra di dubbio quello che lo stesso informatore
definisce come un innalzamento sociale, cioè un miglioramento delle
condizioni economiche, sociali ed esistenziali grazie all'arrivo
della Fiat nel territorio termitano. In questo senso è possibile
affermare che lo stabilimento di automobili è stato un luogo che,
grazie alla sua funzione di produzione materiale, è riuscito a
creare un certo grado di benessere. Quest'ultimo si è palesato con
l'arrivo degli elettrodomestici, delle automobili e con la creazione
di reti sociali diverse rispetto a quelle che si esperivano e si
esercitavano in un contesto di tipo non industriale2.
Ma tali elettrodomestici, oltre ad essere degli strumenti di uso
quotidiano, erano anche dei simboli da ostentare, davanti alla
propria comunità, del proprio innalzamento sociale. Ed è a questo
punto che la fabbrica da luogo dove si producono merci, diventa luogo
in cui si producono simboli e diventa simbolo essa stessa: di un
innalzamento sociale, di un benessere economico, di una soddisfazione
personale.
È
facile immaginare, a questo punto, cosa è potuto accadere con la
chiusura e la conseguenza dismissione dello stabilimento Fiat.
Quando, verso la fine della nostra conversazione, chiedo al
Bolscevico cosa fa in questo momento è così che mi risponde: «Ma
veramente non lo so cosa faccio, picchì mancu u sindacalista fici
chiù».
Il
Bolscevico: un uomo di mezza età che ha percorso il cammino di
ascesa spianato dalla Fiat, che ha sempre trovato nell'attività
politico-sindacale un modo per essere partecipe all'interno della
propria comunità e un tratto identitario forte tanto da fargli
guadagnare il suo soprannome, nella fase di dismissione attuale, non
sa più cosa sta facendo. Si trova smarrito a fare i conti con uno
stabilimento in dismissione che fino qualche anno fa era il simbolo
di un benessere difficile, faticoso, ma possibile e ora è l'emblema
di un futuro sospeso, incerto e smarrito ancora tutto da digerire,
metabolizzare, rifare.
1«Io
sono nato nel '63, mio padre nel '70 è entrato in Fiat e noi
abbiamo avuto, come si dice, un innalzamento sociale... mio padre
dalla campagna veniva, noi mangiavamo pane e cipolla. Mio padre è
entrato in Fiat e allora gli stipendi si aggiravano intorno alle
100.000 lire al mese; un impiegato in banca ne guadagnava 80. mio
padre si è comprato la televisione, la lavabiancheria, il
frigorifero. La televisione, nel quartiere, ce l'avevamo solo noi e
le persone guardavano la televisione e le partite a casa mia, che
sembravamo allo stadio... Per farti capire che, la gente come me,
che ha avuto questo innalzamento sociale grazie alla Fiat, perché
la Fiat ti ha consentito di farti una casa, mio padre si è comprato
la 850 che allora, la 850, era... che ti posso dire, un Mercedes di
ora... si camminava sulla Topolina, con la 600, insomma era un
macchinone. Perciò hai avuto questo innalzamento sociale grazie
alla Fiat... Minchia, regali ai bambini, per Natale, circhi,
cinema... cose alla grande, perciò la mia generazione, che è
cresciuta con questa fase, gli anni '70, gli anni '80, dove la Fiat
qui a Termini era tutto. Minchia, guai alle persone che ci
toccavano... palavi male della Fiat? Minchia, cosa doveva fare...
una santa inquisizione, sulla croce e ti bruciavano: al rogo ti
mettevano».
2È
il caso, per esempio, delle riunioni di vicinato per guardare la
televisione.
Nessun commento:
Posta un commento